Autore Topic: Non aspettarmi più - Un tentativo  (Letto 3206 volte)

Georgine

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Non aspettarmi più - Un tentativo
« il: Giugno 10, 2011, 20:29:24 pm »
Pubblico questo racconto con un intenzione specifica, che spero gradirete. La spiegazione la trovate al fondo,
grazie a tutti anticipatamente

Epilogo
Si dice che prima di morire le immagini della nostra vita scorrano negli occhi come un film impazzito.
Per lei non fu così.
Quello che vide fu semplicemente il marmo bianco della scale avvicinarsi al suo volto a una velocità crescente. Intanto le sue lacrime schizzavano verso l’alto, rigandole le guance in direzione contraria. Mentre precipitava verso l’ingresso dell’Hotel Priscilla tutto quello a cui riuscì a pensare fu di aver fatto la cosa giusta. Giusta e terribile. Ma non poteva esserci altra soluzione.
Nel suo ultimo scampolo d’esistenza sentì il fragore delle sue ossa che si frantumavano sovrastare il grido di alcuni passanti.
Poi venne il buio. E nel buio un volto. E nel volto ritrovò giustizia.

1)
Fuori dalla finestra il vento preannunciava una bufera. Andrea non se curava, tranquillamente rannicchiato sulla sua scomoda brandina al campo base del colle Maurin. Vento e neve non erano un problema per lui, ci era abituato. Il rifugio era al riparo da possibili valanghe e ben riscaldato. Per cui non c’era nessun motivo per allertarsi. L’unico contrattempo che avrebbe potuto disturbarlo era l’allarme del suo PC, collegato via satellite ai segnalatori GPS. Ma riteneva molto improbabile che un bracconiere decidesse di andare a caccia di camosci in quella notte gelida.
E invece, contro ogni aspettativa, la lucina rossa del computer iniziò a lampeggiare, accompagnata dal suono insistente dell’avviso digitale.
Andrea scattò in piedi, stupito della temerarietà dei cacciatori di frodo, pronti a sfidare una notte come quella, pur di tirar su qualche soldo.
Controllò il monitor. Il luogo da cui era partito l’allarme distava circa un’ora di cammino dal campo base. Sarebbe volentieri rimasto dov’era, al caldo e al sicuro, ma il suo senso del dovere ebbe la meglio. Se il microchip impiantato nell’orecchio del camoscio aveva lanciato il segnale c’era solo un motivo. Il cuore dell’animale aveva smesso di battere.
Era una nuova tecnica che i guardia-parco del comprensorio della Val Maira stavano sperimentando per combattere la caccia illegale. All’intera popolazione di caprini era stato collocato sotto pelle
un cardiofrequenzimetro collegato a un rilevatore GPS. Nel momento in cui un esemplare fosse deceduto, loro avrebbero saputo immediatamente dove e quando questo avveniva. Normalmente i bracconieri iniziavano la macellazione dell’animale in loco e con questo sistema c’erano buone probabilità d’intercettarli prima che se la svignassero.
Purtroppo la stampa locale ne era venuta a conoscenza e aveva dato ampio risalto alla notizia, permettendo ai cacciatori di frodo di iniziare a prendere contromisure.
Nonostante ciò si infilò maglione e giacca a vento, uscì dalla porta e si trovò immerso nell’aria ghiacciata della notte d’alta quota. I suoi polmoni si spalancarono, con uno spasmo a metà tra il piacere e il dolore.

2)
Stava camminando nella neve da una mezz’ora quando pensò a Manuela. In quel momento si trovava in paese, mille metri più in basso, avvolta nel loro piumone d’oca e addormentata, probabilmente. In quei giorni era molto indaffarata. Oltre al suo normale lavoro di commessa all’A&O locale si era accollata l’impegno di organizzare il loro matrimonio, che sarebbe avvenuto da lì a una settimana. Lui non aveva potuto aiutarla. Il suo lavoro l’aveva portato a soli mille metri da lei. Ma in verticale. E in quel senso la distanza aveva tutto un altro significato.
Andrea amava quello che faceva, era la sua passione. Ma in occasioni come quella malediceva la sua scelta, che lo assorbiva totalmente, lasciando poco spazio alla sua vita privata. Ma era fatto così, non avrebbe mai abbandonato i monti, i ghiacci, le immensità rocciose che l’avevano visto nascere. Molti invece se ne erano andati, in cerca di un futuro più facile. Primo tra tutti Stefano, suo fratello. Erano nati insieme, stesso giorno, stessa ora. Solo pochi minuti di distanza. Anche dopo anni gli amici faticavano a distinguerli. Erano identici in tutto, tranne che nel carattere. Raggiunta la maggiore età Stefano non si era fatto problemi ad abbandonare la famiglia e il paese, per cercare fortuna altrove. Ormai erano anni che non aveva più sue notizie. Aveva voluto tagliare di netto col passato. Per quel che ne sapeva doveva trovarsi in centro America, probabilmente in Bolivia, con un’avviata impresa edile. Saltuariamente i genitori ricevevano qualche cartolina. Un saluto e il numero di un conto corrente, seguito dalla cifra di cui aveva bisogno in quel momento per far fronte ai debiti. I figli restano tali nonostante tutto. E con il cuore spezzato i genitori avevano sempre provveduto a versare quanto richiesto. Andrea non approvava, ma non poteva farci nulla.

Mentre si inerpicava sui sentieri congelati del versante est del colle Maurin la neve iniziò a cadere.
Per fortuna era quasi giunto a destinazione, anche perché la cicatrice del suo ginocchio destro iniziava a fargli male. Ricordo indesiderato dell’intervento ai crociati di qualche mese prima. Un brutto incidente con gli sci.
Svoltò un ultima volta e si trovò nel luogo indicato dal GPS.
Illuminò con la torcia il terreno innevato. Una macchia scura di sangue brillava come una luna capovolta. Al centro un piccolo orecchio di camoscio, reciso, strappato, dissanguato.
Dell’animale nessuna traccia.
Intanto la bufera aveva rotto gli argini e cateratte di neve precipitavano dall’oscurità dei cieli.

3)
Manuela si svegliò che era mattina presto. Dopo una rapida colazione almanaccò gli impegni della giornata e lo sconforto la assalì. Troppe cose da fare e troppo poco tempo per farle. Avrebbe voluto tornare a letto. Poi pensò ad Andrea. Sarebbe tornato dal campo base il giorno prima del matrimonio e lei voleva fargli trovare tutto sistemato alla perfezione. Perché se lo meritava, ma soprattutto perché lo amava.
Così si fece forza e si incamminò verso il municipio di Acceglio per dare un’ultima controllata ai documenti matrimoniali prima di avviarsi al lavoro. Mentre guardava il Maira ruscellare verso valle cavò dalla tasca il cellulare e compose il numero di Andrea. Il giorno prima non si erano sentiti e ora voleva salutarlo. L’attesa fu vana, il telefono era spento o non raggiungibile, come gli spiegava una vocina registrata.
Non se ne preoccupò, era una cosa piuttosto frequente quando era in montagna, dove la copertura delle reti lasciava a desiderare. Avrebbe riprovato più tardi.

4)
La giornata scorse via velocemente, un impegno dopo l’altro. Per tutto il giorno la neve aveva continuato a cadere e le strade erano ingombre di cumuli bianchi. Mezzi spargisale procedevano lentamente lungo i viali.
Manuela inizia a innervosirsi. Mentre sistemava gli ultimi arrivi nel banco frigo provò a chiamare di nuovo Andrea, ma anche questa volta senza risultato. Non era ancora riuscita a sentirlo. E a quel punto la cosa diventava strana. A quell’ora doveva essere certamente rientrato al campo base, soprattutto con quella tormenta. Lì i cellulari prendevano benissimo.
Una volta terminato il lavoro chiamò Giulio, un collega di Andrea rimasto in paese. Per comunicare tra guardia-parco utilizzavano i radiotrasmettitori, molto più potenti e affidabili della telefonia mobile. Gli chiese di provare a contattare il suo futuro marito.
“A dire il vero è tutto il giorno che lo chiamo, ma non ho ancora avuto risposta.” spiegò Giulio mentre Manuela si irrigidiva alla notizia. “Ma non preoccuparti, può succedere. Comunque abbiamo mandato un gatto delle nevi al campo base, per capire il motivo per cui non riusciamo a rintracciarlo. Probabilmente le linee si saranno interrotte per la bufera. Appena ho notizie ti informo, ma stai tranquilla che è tutto a posto”.

5)
Manuela cenò senza appetito, in attesa di una telefonata che la rasserenasse. Verso le 21.30 fu invece il campanello a suonare. Era Giulio. Non c’era bisogno che parlasse, lo sguardo diceva tutto. Manuela ebbe l’impulso di piangere.
“Cos’è successo?” disse invece.
“Non l’abbiamo trovato. Marco e Giancarlo sono andati fino al campo base ma era deserto. L’allarme GPS del computer invece era ancora acceso. Credo che Andrea sia uscito ieri sera per andare a controllare cosa fosse successo. Il suo segnalatore era ancora attivo, così con il gatto delle nevi l’abbiamo raggiunto, ma di lui non c’era traccia. Ho già avviato le ricerche e informato il comando di Dronero. Vedrai che lo troveremo.”
Mentre Manuela si abbandonava finalmente al pianto, Giulio pensò che aveva fatto bene a non riferirgli anche il particolare dell’orecchio di camoscio, ritrovato reciso vicino al segnalatore di Andrea. Lui un’idea se l’era fatta, ma preferiva tenerla per sé, per evitare altro dolore a Manuela.
Probabilmente Andrea si era imbattuto nel bracconiere che aveva ucciso l’animale mentre ancora lo stava macellando. Quello aveva capito come aveva fatto a rintracciarlo, vedendo l’apparecchio GPS in mano al guardia-parco. E cosa fosse poi successo era solo una sua ipotesi, che si augurava sbagliata.
In ogni caso l’aveva già fatta presente al comando dei Carabinieri di Dronero, perché indagassero anche in quella direzione.
I cacciatori di frodo erano gente della peggior razza, senza scrupoli. Da simili individui ci si poteva aspettare di tutto.

6)
Le ricerche andarono avanti per giorni, rallentate dalla nevicata che non sembrava voler cessare. La notizia aveva ormai fatto più volte il giro del paese e nei bar non si parlava d’altro. Erano arrivati anche i camper delle TV nazionali per riprendere l’evento.
Manuela era distrutta, ma continuava a sperare. Nonostante ciò che il suo cuore le suggeriva, non voleva cedere allo sconforto e aveva continuato i preparativi per il matrimonio. Non aveva voluto disdire la prenotazione del ristorante né tanto meno quella della chiesa. Amici e famigliari la assecondavano, non riuscendo a far altro che provare per lei un’infinita compassione.
Nel suo cuore cresceva anche una rabbia incontrollata. Aveva parlato con i Carabinieri che le avevano spiegato quali piste stessero battendo, bracconieri inclusi. E lei non poteva accettare che per pochi soldi, il ricavato di una caccia di frodo, il suo Andrea avesse dovuto pagare un conto così sproporzionato.
Era stata presa in considerazione anche un’altra ipotesi, anche se non la riteneva possibile. Sorpreso dalla bufera improvvisa Andrea si era perso in montagna ed era finito chissà dove. Per un alpinista esperto come lui questa teoria risultava però abbastanza impraticabile. E Manuela lo sapeva bene.
L’ira e la frustrazione non diminuirono con il passare dei giorni, man mano che cupi pensieri le affollavano la mente.
Ma più che altro era una domanda a tormentarla. Perché?
Anzi. Perché lui?
Perché non un altro, perché non uno stronzo, uno che picchia la moglie, uno che ruba soldi ai risparmiatori, un pedofilo, uno che stupra le donne al parco, uno qualunque di quella feccia che popola le cronache dei quotidiani.
Perché lui? Anzi, meglio ancora. Perché non suo fratello?
Quello sì che era un vero bastardo. Aveva prosciugato i risparmi dei genitori, li aveva ingannati, abbandonati e infine spezzato il cuore. Non sapevano neppure dove fosse.
Andrea lo difendeva sempre, era nella sua natura. Lei lo lasciava fare, non voleva affondare il coltello nella piaga più di quanto già non lo fosse. Non aveva neppure voluto dirgli che aveva saputo, per vie traverse, che l’impresa edile in Bolivia era fallita miseramente e che lui aveva fatto perdere le sue tracce per fuggire dai creditori. Usurai, per essere precisi. In verità quella storia era risaputa in tutto il paese. Ma come sempre succede gli unici a non esserne a conoscenza erano i diretti interessati.
Questi erano i pensieri di Manuela la sera del venerdì. Domenica era prevista la cerimonia. La speranza lasciava lentamente spazio al dolore. La bufera invece cedeva il passo al sereno.

7)
Sabato mattina il cielo era limpido. In tempesta invece i cuori degli amici e dei parenti di Andrea. Le ricerche in montagna non portavano risultati, i Carabinieri indagavano nell’ambiente dei bracconieri senza maggior fortuna. A crescere era soltanto il sole nella volta celeste, indifferente a ciò che accade. Manuela non riusciva neppure a guardare fuori dalla finestra. Quella luce era uno schiaffo insostenibile.

Per primo lo vide un malgaro che tornava dal bar verso l’ora di pranzo. La visione lo inchiodò all’asfalto, incredulo. Un fantasma, stava guardando un fantasma. Comprese di sbagliarsi quando l’apparizione lo salutò per nome.
“Ciao Giuan!”.
“Andrea! Andrea! Sei tornato!”. In pochi minuti la strada era gonfia di persone che venivano a salutare il ritorno di chi credevano d’aver per sempre perduto. Un troupe televisiva cercò di strappargli un’intervista, un’altra riprendeva la scena più da distante. Una tempesta di domande lo assalì. Senza grandi risultati cercò di districarsi da quel intreccio di abbracci. Tutti volevano sapere cosa fosse successo, dove fosse stato per tutti quei giorni, perché non avesse dato notizie di sé.
A salvarlo fu l’arrivo di Giulio che, dopo un abbraccio, si rivolse risoluto alla folla.
“Insomma! Lasciatelo in pace! Ci sarà il tempo per sapere ogni cosa più tardi. Ora fatelo andare dalla sua famiglia e da Manuela. Credo ne abbiano più diritto di noi!”. E poi, sottovoce, “Questa me la devi proprio raccontare, ci hai fatto prendere un bello spavento.”
Una volta tanto il buon senso ebbe ragione sulla curiosità umana e la gente si fece da parte. Mentre ancora qualche pacca benevola gli colpiva la schiena, Andrea sgusciò via, senza ulteriori chiarimenti su cosa fosse avvenuto in quei giorni.

Spiegazioni le diede invece a Manuela e a tutta la sua famiglia che nel frattempo si era radunata a casa della ragazza.
Una volta raggiunto il luogo indicato dal GPS non aveva trovato nulla, se non il macabro resto del camoscio. Aveva proseguito cercando tracce del passaggio del bracconiere ma la bufera l’aveva sorpreso. Un piede in fallo l’aveva fatto cadere in fondo a una piccola valle. Dolorante non era riuscito a risalire e aveva cercato riparo in una grotta poco distante. Aveva atteso alcuni giorni finché la caviglia non si era sgonfiata e la bufera terminata. Fortunatamente nello zaino che aveva con sé c’erano viveri e alcol a sufficienza per sopravvivere alcuni giorni. Di tutte quelle parole Manuela non ne ascoltò neppure una. I suoi occhi, gonfi di felicità, erano concentrati a esplorare il volto di Andrea.

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               L’AUTORE.

cliffsofmohar

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Re:Non aspettarmi più - Un tentativo
« Risposta #1 il: Agosto 13, 2011, 12:31:46 pm »
Ciao, ho comprato il tuo racconto stamattina  e lo sto leggendo in questo momento.
Volevo dirti che è scritto molto bene e ti auguro di riuscire a pubblicare al più presto un romanzo...Io in genere non amo i racconti ma sono stata attirata dalla trama.

Ti faccio i miei auguri  BRAVX

P.S.: Scusa ma non ho capito qual è il tuo nome  :-[

Georgine

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Re:Non aspettarmi più - Un tentativo
« Risposta #2 il: Novembre 20, 2011, 18:52:18 pm »
Ti ringrazio molto x il commento e ti chiedo scusa se rispondo solo ora ma per vari motivi non avevo piu visitato questo forum che, tra l'altro, non mi ha neppure notificato il tuo commento!
Il mio nick è Georgine ma il racconto è pubblicato su internet come Hieronymus Bloch..
Pero non ho capito una cosa:hai potuto terminare la lettura o hai bisogno che ti invii il finale?

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Re:Non aspettarmi più - Un tentativo
« Risposta #2 il: Novembre 20, 2011, 18:52:18 pm »

 

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